Questione di numeri:
Quasi il 20% della popolazione mondiale risiede in Cina, un mercato enorme e in fase di maturazione economica.
Al contrario dell’altro gigante in espansione, l’ India, la popolazione urbana e l’età media dei cittadini cinesi sono entrambi due fattori che superano di gran lunga i valori medi dei Paesi in via di sviluppo.

Questione di mentalità
La Cina ha un’altra peculiarità, NON è una democrazia.
Se non vogliamo usare la parola dittatura possiamo far coincidere il suo orientamento socio-politico-economico con il termine Tecnocrazia.
A fronte di una minore libertà di espressione e una propaganda di partito oppressiva, il capitalismo sociale cinese ha un enorme vantaggio rispetto alle democrazie occidentali odierne: l’orizzonte temporale.
Il così detto long term cinese è un’utopia se confrontato con la mentalità politica italiana (campione in negativo dell’approccio occidentale) dove le riforme sono inutili/dannose, l’orizzonte temporale brevissimo, e non si ricerca il benessere comune tramite il welfare (sanità, istruzione, pensioni)
Xi Jinping, acme della tecnocrazia cinese, ha invece una visione di lungo periodo, come ha più volte dimostrato, non ultima nel discorso da lui tenuto l’anno scorso per il centenario del partito comunista cinese.
Incarna fedelmente i valori del partito di cui è Segretario: autorità e disciplina.
La Cina prima di tutto, sempre e a qualunque costo.
Ha sedato ogni velleità di indipendenza o statuto speciale ad Hong Kong, ha una politica estremamente invadente nei confronti di Taiwan considerandolo già territorio cinese, tolleranza zero per l’emergenza Covid, massima espressione di una propaganda aggressiva necessaria per assicurare una stabilità al Paese tale da consentirgli la terza rielezione a Segretario del Partito ad ottobre di quest’anno (leggasi potere a vita se dovesse andare in porto), impresa riuscita solo al celebre Mao e più recentemente a Xiaoping (il padre della modernizzazione cinese).
Politica monetaria
La Cina inoltre, al contrario dell’Occidente, non ha inondato di liquidità il mercato stampando e svalutando il Remimbi, nonostante l’emergenza Covid ha proseguito nel suo piano di aumentare il peso del Remimbi sui mercati finanziari come valuta di riserva. Negli ultimi 4 anni il Remimbi è passato dal 1% al 3% delle transazioni internazionali seppur ancora lontano da dollaro 41% ed Euro 37%.
Questa politica monetaria ha contribuito a sgonfiare la bolla immobiliare (Evergrande), seppur rallentando il PIL, e da ora alla Cina molto più margine di manovra nel contesto inflazionistico in cui verte il mondo attualmente.
Politica interna
La common prosperity è stato il vero problema dell’ultimo anno, ma è un problema di breve periodo, le normative repressive atte ad evitare monopoli dominati da poche multinazionali per settore oltre che stroncare imprenditori ultra-liberali invisi al Partito sono ormai concluse.
E l’aver gettato le basi per un’economia che eviti la concentrazione eccessiva di potere e denaro, come invece sta accadendo negli ultimi anni in USA (Facebook vs Trump, problemi antitrust continui, Amazon ed Apple monopoli), non può che essere un vantaggio nel lungo periodo andando oltre che a rinvigorire la competizione tra aziende anche a stimolare il reddito medio, e quindi la spesa del cittadino cinese.
Politica estera
L’ ambiguità mostrata nel conflitto russo-ucraino, non schierandosi mai apertamente, è l’unica soluzione vincente per la Cina che, come ogni Paese, pensa primariamente ai suoi interessi.
Le permette di acquistare risorse naturali e partecipazioni aziendali a sconto dalla Russia, senza fornire pretesti validi all’Occidente per sanzionarla pesantemente.
La situazione geopolitica del dragone è fin troppo tesa in Asia per inimicarsi in questo momento ulteriormente l’Occidente; la Cina ha già controversie territoriali e marittime aperte con India, Filippine, Vietnam, Malesia…
E sta rafforzando la Via della seta marittima in Europa (acquisendo porzioni dei porti di Rotterdam Marsiglia Valencia Taranto Palermo) oltre ad interessi enormi in Africa dove sta delocalizzando diverse aziende e costruendo intere città.
Come investire? Internet, la rete.
Una popolazione immensa, un reddito medio pro capite in ascesa, una società altamente orientata al tech; quale migliore opportunità se non quella di cogliere le aziende che fondano i loro business sulla rete sfruttando le economie di scala?
ETF Kraneshares CSI China Internet KWEB:
Un ETF ad accumulazione (distribuzione sempre sconsigliata per il problema della doppia tassazione dei dividendi), ben diversificato (52 titoli, con la top 10 che copre il 50% dell’ETF), la commissione dello 0.75% anno è giustificata dai maggiori costi sostenuti dall’emittente per esporsi al mercato cinese.
Nell’ultimo anno questo ETF ha perso oltre il 60%, per i motivi discussi in precedenza.
Le aziende offrono multipli incredibilmente vantaggiosi.
Il Vice Premier Liu He ha recentemente annunciato politiche a favore dei mercati azionari, dichiarando che la stabilità e prosperità delle aziende cinesi è ora un obiettivo imprescindibile per competere a livello globale.
Nello stesso giorno l’ETF KWEB è salito di oltre il 30% segnando il suo più grande rialzo intraday.
Stiamo comprando a forte sconto “la rete” della nazione più popolosa della Terra, nonché seconda economia del mondo.
Vantaggio ETF su singole azioni
Il mercato cinese come abbiamo visto è estremamente complesso, ricco di incognite specie nel breve, con dinamiche spesso avulse ai mercati occidentali; per questi motivi è necessario ridurre il rischio specifico sulla singola azione evitando di sommarlo a quello macro, ineliminabile esponendosi al Dragone.
- Potrebbe continuare un accanimento “speciale” solo su Alibaba proseguendo nel trattarlo come capro espiatorio del movimento imprenditoriale ultra-liberale. Punirne 1 per educarne 100.
- C’è il rischio che alcune nicchie risentano più di altre: è stato il caso delle aziende di videogiochi che hanno subito una repressione ulteriore, come la vietata fusione di Huya e DouYu (che pagano con un ribasso dell’80% nell’ultimo anno), ed i limiti orari di gioco imposti agli under 18 che fiaccano il settore anche in ottica futura.
- O il caso più brutale della nazionalizzazione di società di e-learning /istruzione privata, aziende come TAL Education Group hanno perso il -95% della capitalizzazione dai massimi raggiunti.
Rischio delisting
Un falso problema, oltre che poco probabile.
Un accordo normativo tra Cina ed USA per quotare aziende cinesi sul mercato statunitense è molto probabile accada semplicemente perché è una condizione win/win, ci guadagnerebbero entrambi.
Le società cinesi otterrebbero un ulteriore accesso al credito tramite le borse americane, ed inoltre indebolirebbero la borsa di Hong Kong (loro obiettivo da tempo) “strappandole” dei titoli o quantomeno l’esclusiva. Gli americani, dal canto loro, manterrebbero l’accesso per investire su di un mercato in enorme espansione.
Worst Scenario, ovvero si concretizza la remota possibilità del delisting… Tencent, attualmente quotata su Hong Kong e nel mercato OTC se la passi male?
E’ semplicemente la decima società più capitalizzata al mondo, non proprio una penny stock!
Veri rischi long term
Due cigni neri altamente improbabili.
Nazionalizzazione totale, smantellamento completo della proprietà privata, ritorno al Comunismo puro.
Un’inversione di rotta completa dal capitalismo sociale, pragmatico e di ampio respiro a cui ci ha abituato la Cina tecnocrate.
Invasione Taiwan, la Cina ha osservato con attenzione il compattarsi dell’Occidente contro l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina; non vuole e non può permettersi (almeno per ora) una ferita così profonda alla sua economia e alla sua reputazione.
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